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Antibiotico-resistenza: batterio “killer” isolato da una cistite

Nell'ambito del Congresso degli urologi americani, AUA 2016, si è ampiamente discusso sul tema della resistenza batterica agli antibiotici. Emblematico il caso di un batterio killer che negli USA è stato isolato proprio da una cistite.

Credo che pochi di noi in questi giorni non abbiano notato una notizia di stampa. È uscita su tutti i principali media la storia del famoso batterio killer.
Ormai ci stiamo confrontando sempre di più con quadri infettivi sostenuti da batteri multiresistenti agli antibiotici che sono responsabili di gravi patologie e verso i quali rischiamo di trovarci disarmati.

Che senso ha questa constatazione? Recentemente al congresso degli Urologi americani, una parte importante della discussione è stata data proprio alle infezioni urinarie. Ricordo, per chi non avesse letto a fondo quella notizia, che il super batterio resistente a tutti gli antibiotici, che ha causato la morte della paziente americana, era un Escherichia coli isolato da una cistite.

Quindi ecco la grossa attenzione che dobbiamo porre a questo tema. Perché tornare al congresso degli Urologi americani? Perché in quella sede la sensibilizzazione nei confronti di terapie alternative agli antibiotici è stata motivo di ampio dibattito. Come possiamo riassumere questo impegno? Possiamo dire che ciascuno di noi, nell’ambito delle infezioni del basso tratto urinario, – e questo è quanto emerso sia dalle sessioni plenarie, sia da gran parte delle sessioni degli abstract e dei poster dedicati al tema – può fare la propria parte.

Una delle proprie parti e sicuramente è quella di scegliere e selezionare in maniera adeguata l’antibiotico nelle concentrazioni, nelle dosi e nei tempi adeguati. Di fronte a una cistite batterica, semplice o complicata, è comunque importante il riconoscimento del germe, ed è fondamentale utilizzare l’antibiotico giusto, per il tempo giusto, per la concentrazione giusta. Ma accanto a questo esistono tutta una serie di condizioni che ci richiedono degli atteggiamenti di profilassi; profilassi significa ritardare, impedire, prevenire l’infezione urinaria, e questo per molti anni lo abbiamo fatto con l’utilizzo di una profilassi antibiotica, che ancora oggi, come è stato sottolineato al congresso degli Urologi americani, rimane nelle principali linee guida – non solo della Società Americana, ma anche della Società Europea – accanto a questo sempre di più emerge l’attenzione e la necessità di utilizzare delle profilassi non antibiotiche. Tra le varie strategie, è ormai da anni consolidato, anche se con il tempo certe volte superato, l’utilizzo di certe sostanze come il mirtillo e più recentemente il mannosio, ma sicuramente la parte da leone delle novità appartiene ai ricostituenti dell’urotelio.

L’urotelio è l’epitelio di rivestimento della vescica che ormai è posto al centro dei meccanismi patogeneticici, cioè di tutti quegli eventi che determinano poi una cronicizzazione del processo infiammatorio della vescica.

Oggi sappiamo che questo urotelio può essere protetto, può essere ricostruito e può essere messo nelle condizioni di prevenire una infezione. Tra le sostanze più importanti che sono state oggetto di comunicazione e discussione tra gli esperti presenti al congresso degli Urologi americani, sicuramente l’acido ialuronico e il condroitin solfato, che sono gli elementi costituenti della impermeabilità e della difesa fisica e aspecifica offerta dall’urotelio, hanno concentrato su di sé l’attenzione. In tutto questo noi medici possiamo fare molto, perché vi sono terapie intravescicali a base di acido ialuronico e condroitin solfato, ma cominciano a comparire, come in Italia e in altri Paesi europei, anche sostanze orali che, una volta assunte, permettono la protezione e la ricostruzione di questa componente importante del rivestimento interno della vescica che offre dei netti benefici.

A tal proposito può essere citato un lavoro europeo che ha visto la compartecipazione di diverse unità operative di Urologia in Italia, in Slovacchia, in Francia e in Inghilterra, e ha coinvolto la Bocconi, In cui è stato studiato in maniera retrospettiva l’utilizzo di acido ialuronico nella profilassi delle infezioni, confrontandolo con le terapie standard. Questo è un lavoro che ha dimostrato una reale efficacia nel tempo e ha trovato anche un’adeguata platea, perché è stato recentemente pubblicato sul British Medical Journal, una delle riviste più autorevoli. Che cosa dire? Sicuramente le cistiti rimangono un grosso problema, sicuramente in futuro il problema della farmacoresistenza nei confronti degli antibiotici da parte dei batteri sarà sempre più importante per le scelte sanitarie dei singoli medici verso i singoli pazienti, ma anche degli organismi di vigilanza e degli organismi statali, e ciascuno di noi deve fare la propria parte. Quindi avere la possibilità di utilizzare quindi avere delle sostanze alternative agli antibiotici, soprattutto in termini preventivi, può rappresentare una grande opportunità per tutti noi.