Home Sessualità PMA Malattie oncologiche: come preservare il desiderio di fertilità

Malattie oncologiche: come preservare il desiderio di fertilità

Quali sono le patologie oncologiche che mettono a rischio il desiderio di fertilità maschile, in particolare nella fascia di età 15-39 anni? Ce ne parla la Prof.ssa Loredana Gandini, biologa, Direttore dell’Unità Seminologica e Banca del seme e docente di Patologia Clinica presso l’Università La Sapienza, e ci illustra inoltre l’importante ruolo dell’Andrologia nella conservazione della fertilità proprio per i pazienti oncologici, per comprendere e meglio affrontare gli effetti dei trattamenti oncologici (chimici e radianti) sulla fertilità maschile, nonché cosa sia la crioconservazione e come funziona la Banca del seme.

In età giovanile, le patologie oncologiche più rappresentate nell’uomo sono il tumore testicolare, che ha una fascia d’età compresa tra i 15 e i 39 anni, e le patologie ematologiche come i linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, che più o meno insistono sulla stessa fascia. Questa, come è facile capire, è la fascia d’età che comprende il desiderio di fertilità, cioè giovani uomini che non hanno ancora figli e che sono dei potenziali pazienti andrologici.

In realtà questi sono pazienti che vanno assolutamente presi in carico dall’andrologo, perché gli eventi avversi successivi alla patologia di base e alla terapia, possono renderli sterili o infertili. Le oncologie ed ematologie di provenienza che gestiscono questi pazienti, devono lavorare in stretta collaborazione con i centri andrologici per poterli aiutare e seguire nel tempo.

E’ importante preservare la fertilità dell’uomo prima di iniziare un trattamento oncologico, come quello al testicolo. Le terapie oncologiche possono compromettere la fertilità maschile e pertanto l’ipotesi della crioconservazione è una opzione preventiva che gli uomini oggi possono considerare grazie alla Banca del seme.

Prendiamo come esempio il tumore testicolare, che prevede la gestione del paziente con intervento chirurgico di rimozione del testicolo compromesso, e la successiva scelta da parte degli oncologi di un trattamento chimico o radiante per controllare gli effetti a distanza della neoplasia. La scelta del trattamento è basata sull’istotipo, quindi sulla tipologia del tumore, ma entrambi i trattamenti – sia radioterapia sia chemioterapia – sono molto lesivi per l’aspetto spermatogenesi, cioè quella complicata serie di reazioni e replicazioni biologiche che portano poi alla produzione dei gameti.
Entrambi i trattamenti che vengono somministrati al paziente possono bloccare la spermatogenesi, quindi rendere l’individuo sterile; l’individuo sarà definito azospermico perché diventerà privo di gameti, oppure infertile, perché i gameti saranno presenti ma sarà comunque alterata la teorica capacità fecondante dell’individuo.
Quindi prima di iniziare questi trattamenti è assolutamente obbligatorio pensare alla preservazione della fertilità di tali pazienti. Questo aspetto ovviamente è di pertinenza degli oncologi, che prima di iniziare un trattamento dovrebbero sempre proporre al paziente l’ipotesi di crioconservare il proprio seme.
Oggi per l’uomo è assolutamente semplice e realizzabile in tempi molto brevi la preservazione della fertilità, perché è sufficiente che il paziente venga inviato a una banca del seme, che lo prenderà in carico e lo gestirà prima dell’inizio di qualsiasi trattamento chimico o radiante.
Il paziente verrà studiato per capire a che punto è la sua fertilità, e dopo l’intervento chirurgico verrà instradato verso la crioconservazione, con la raccolta di un campione seminale su cui verranno effettuati esami morfologici e citologici, e che verrà conservato secondo le procedure della banca del seme.
Questa è una struttura molto complessa che consente di fornire una possibilità di fertilità futura al paziente, conservando le sue cellule gametiche prima del trattamento antineoplastico. Questo genere di trattamenti sono genotossici, quindi alterano l’integrità del genoma, e questo è assolutamente pericoloso per il paziente perché potrebbero causare aborti o patologie embrionali.

Un paziente operato a seguito di un tumore al testicolo e rimasto con una sola gonade sarà comunque, se nella norma, in grado di svolgere le funzioni di procreazione. Cruciale rimane, per la sua salute, l’affiancamento permanente dell’Andrologo.

Teniamo sempre presente come esempio il tumore testicolare, anche se in realtà la nostra banca del seme assiste tutte le patologie neoplastiche che prevedono un trattamento chimico o radiante sterilizzante. Tornando al paziente con tumore testicolare, sarà un soggetto con una sola gonade: dopo il primo intervento intervento chirurgico quindi il paziente rimarrà con un solo testicolo, ma il testicolo residuo sarà assolutamente in grado, se nella norma, di fornire la componente cellulare-gametica e secretoria utile per la salute e la riproduzione del paziente, però tutto questo è ovviamente da seguire.
Si tratterà in ogni caso di un paziente delicato che deve essere seguito nel tempo dagli andrologi per entrambe le funzioni, quindi quella cellulare-gametica e quella secretoria. Non dimentichiamo che dal testicolo vengono prodotti ormoni molto importanti anche per la salute dell’individuo, quindi il paziente con un tumore testicolare deve essere seguito nel tempo, non solo oltre la risoluzione della patologia neoplastica, ma per la sua vita andrologica.