Home Vescica e reni Cistite ricorrente “Intervento tempestivo e supporto al paziente”

“Intervento tempestivo e supporto al paziente”

sommariva_02Un focus sui vari aspetti di questa sindrome nell’intervista alla Prof.ssa Monica Sommariva, Urologo e consulente di “Curarelacistite.it”

“Se non passa dopo due mesi di trattamento, qualunque forma di cistite deve essere approfondita con l’aiuto dello specialista. Intervenire tempestivamente è importante per evitare che la malattia si cronicizzi compromettendo la qualità della vita del paziente”. La Prof.ssa Monica Sommariva è Dirigente Medico di 1° livello presso la Divisione di Urologia e Unità Spinale dell’Azienda Ospedaliera “Ospedale Civile” di Legnano, Presidio Ospedaliero di Magenta. Ci parla del suo lavoro con passione autentica. Con il supporto della sua professionalità, maturata in vent’anni di esperienza, abbiamo provato a fare luce sulle varie sfaccettature di una sindrome complessa, che nelle forme più gravi e non adeguatamente trattate, può pregiudicare seriamente la vita personale e sociale del malato, con importanti implicazioni anche sul suo stato psicologico.

Abbiamo già illustrato su questo sito il coinvolgimento dell’urotelio nell’eziologia delle cistiti, e i possibili approcci terapeutici. Vorremmo provare a chiarire ulteriormente con la sua consulenza questi aspetti, rendendoli fruibili per i nostri utenti.

“Il danno viene cagionato da una spina irritativa di cui non conosciamo bene l’origine. Può trattarsi del banale Escherichia Coli , che produce tossine determinando alterazioni locali della mucosa, oppure di un problema immunologico come il Lupus Eritematoso Sistemico, o ancora di collagenopatie che provocano un deterioramento del collagene. Il risultato finale è un processo infiammatorio che non si spegne ma si autoalimenta, producendo un danneggiamento continuo delle cellule dell’urotelio, che vengono attaccate da sostanze tossiche e dall’acidità dell’urina. L’usura di queste cellule determina una perdita importante di sostanza, tanto che all’esame istologico si evidenzia un orletto vescicale interrotto, come un puzzle cui manca un tassello. Questo fa sì che si generi una lesione, che può manifestarsi anche in forme gravi come  l’ulcera di Hunner. Si tratta infatti un’ulcera molto profonda (che talora può colpire i pazienti affetti da cistite interstiziale) in cui la terminazione nervosa è scoperta e si verifica un insulto meccanico permanente, accompagnato da una dolorabilità molto intensa. In altri casi, anche senza arrivare alla manifestazione estrema dell’ulcera, si verifica comunque una perdita di sostanza tale da pregiudicare la funzionalità delle fibre nervose, per cui il dolore diventa cronico. Con l’instillazione di glicosaminoglicani, noi immettiamo per via locale delle sostanze che vengono assorbite dall’urotelio danneggiato e che rimpiazzano i “tasselli” mancanti. Così si ha una chiusura del “buco” e la possibilità di autorigenerazione delle cellule sane. La prossima sfida è lo studio sulla possibilità di un assorbimento “sistemico” dei glicosaminoglicani: questo significherebbe avere un farmaco da introdurre per via orale, in grado di svolgere un’azione più completa evitando al paziente i disagi dell’autocateterismo.”

Quando è bene allarmarsi? Qual è lo specialista più adatto a trattare i disturbi delle vie urinarie?

“Qualunque sia il tipo di cistite, se dopo due mesi di trattamento con antibiotici o acidificanti non passa, è opportuno che il paziente, uomo o donna che sia, venga sottoposto alla ricerca di cellule tumorali maligne, perché anche una banale cistite può nascondere un tumore. Poiché ci sono anche tumori infiltranti come il carcinoma in situ, che non evolvono verso l’esterno ma verso l’interno della vescica, e sono difficilmente visibili con gli strumenti diagnostici, la ricerca di cellule tumorali può consentire di riscontrare atipie (presenza di cellule che “esfoliano” dal tumore) e indurre ad effettuare una cistoscopia con mapping in sala operatoria. Oggi c’è anche la possibilità di studiare le lesioni utilizzando delle sostanze che immesse in vescica colorano l’urotelio evidenziando la malattia tumorale. Se il tumore viene escluso, procediamo a capire di che tipo di cistite si tratta. Le linee guida ci forniscono delle indicazioni precise per differenziare le varie forme: banale cistite, sindrome dolorosa pelvica o altro. Se il paziente è un uomo, spesso una sindrome dolorosa pelvica viene scambiata per una patologia prostatica. Bisogna fare attenzione, perché questo orienta il più delle volte verso una soluzione chirurgica del problema, inutile e dannosa dal momento che si tratta di una condizione infiammatoria.”

Sindrome dolorosa pelvica e cistite sono sinonimi?

“La classificazione di cui disponiamo oggi ci aiuta ad effettuare una corretta diagnosi. La sindrome dolorosa pelvica è identificata dalla presenza di un corteo di sintomi, come dolore, bruciore e fastidi vari, che possono colpire organi diversi. Nel caso della cistite interstiziale invece (vecchia dizione oggi sostituita da sindrome dolorosa vescicale) il danno è riferito solo alla vescica, e ci sono tre elementi caratterizzanti: urgenza, frequenza e dolore”.

C’è una componente psicosomatica nell’insorgere nella patologia? Lo stress svolge un ruolo?

“E’ una questione importante, perché spesso il medico di base ma anche lo specialista ginecologo e urologo non conoscono questa patologia, e i pazienti arrivano nel mio ambulatorio psicologicamente provati da anni di sofferenze. Pensi che il mio primo caso, quello che mi ha indotta a dedicarmi con passione a questo ambito, è stato quello di una giovane donna ricoverata in Psichiatria, trattata con psicofarmaci malgrado lamentasse disturbi alle vie urinarie. Dopo aver fatto la corretta diagnosi di cistite interstiziale, abbiamo costruito un percorso terapeutico che ci ha consentito di ottenere miglioramenti importanti. Il ruolo dello stress, comunque, viene spesso sovrastimato, non è causa della malattia ma un suo prodotto, perché i pazienti sono esasperati dai disagi e dai dolori che patiscono. Nella mia attività professionale sono affiancata, a partire dal secondo incontro, da una psicologa”. (clicca qui per leggere l’articolo di approfondimento)

Qual è la percentuale di uomini e donne che si rivolgono a Lei?

“Per il momento nel mio ambulatorio gli uomini sono solo il 10-15% . La maggior parte dei pazienti infatti sono donne, che il più delle volte arrivano da me dopo tante visite infruttuose dal ginecologo. Questa, poi, è una patologia che abbiamo studiato di più al femminile. Dobbiamo capire se la percentuale maschile è in aumento”.

Professoressa, di recente Lei si è spesa molto nello studio della cistite insorta nella vescica neurologica. Può dirci di che si tratta e quali sono le indicazioni terapeutiche più adeguate?

“Per vescica neurologica intendiamo un disturbo vescico-sfinterico in cui la conduzione dell’impulso nervoso è alterata e svuotandosi male è costantemente soggetta alla possibilità di contrarre infezioni. Patologie neurologiche come la sclerosi multipla, spina bifida, Parkinson, mieliti o condizioni di lesioni midollari sono un esempio. Stiamo vagliando anche in questi casi, come già per la cistite interstiziale e la sindrome dolorosa pelvica, la possibilità di impiegare i glicosaminoglicani, in associazione con antibiotici, per cicli di terapia da ripetersi periodicamente. Sono già stati riscontrati esiti positivi.” (clicca qui per leggere l’articolo di approfondimento).

Quella dedicata all’alimentazione è la sezione più visitata del sito. Quant’è importante il ruolo di un corretto regime alimentare nel trattamento della cistite?

“Quando dico ai miei pazienti che la loro dieta può basarsi solo su tre alimenti, pere patate e riso, ottengo spesso reazioni sconfortate. La nostra dieta è prevalentemente acida, e l’acido è deleterio per la vescica alterata. Invece, un corretto regime alimentare è più efficace di tutte le altre medicine: sollecita meno la vescica e riduce il dolore. Già nei bambini, su cui non si possono praticare instillazioni locali, una dieta rigorosa determina un miglioramento netto del quadro clinico. Io consiglio di adottare un regime con alimenti che minimizzano l’impatto acido. E’importante -conclude la Prof.ssa Sommariva – che anche sulle norme igieniche e lo stile di vita i pazienti abbiano la possibilità di fare “network”, di interagire tra di loro.  Questo consentirebbe la circolazione e condivisione di informazioni attendibili, proprio perché fornite da persone che hanno vissuto e subito lo stesso percorso doloroso.”
A questo proposito, sono allo studio diverse iniziative ad hoc, che provvederemo a promuovere tempestivamente anche grazie a Curarelacistite.it.