Home Sessualità PMA Testosterone: è vero che fa male agli infertili?

Testosterone: è vero che fa male agli infertili?

L’American Society for Reproductive Medicine (ASRM), una società scientifica americana che si occupa di infertilità e medicina riproduttiva, ha recentemente pubblicato 5 raccomandazioni che rientrano nella prassi ormai inusuale tra le società scientifiche statunitensi aderenti all’iniziativa “Choosing wisely” (scegliere saggiamente), varata nel 2012 con l’obiettivo di stilare, per ogni specialità, un elenco di “5 pratiche” che medici e pazienti dovrebbero rimettere in discussione in quanto inutili, costose e a volte dannose, ovvero inappropriate.

Le 5 di recente pubblicazione da parte della ASRM, hanno come obiettivo l’orientamento dei pazienti nella scelta più opportuna in caso di infertilità e PMA (Procreazione Medicalmente Assistita). In particolare, una di queste 5 regole indicherebbe “inappropriata” la prescrizione di testosterone o di prodotti a base di testosterone a uomini che prevedano o cerchino di rendere una donna gravida. È sempre vero? E soprattutto, in Italia questa “raccomandazione” è valida e utile? Lo abbiamo chiesto al Prof. Andrea Garolla, Specialista in Endocrinologia e Andrologia presso l’Azienda Ospedale Università di Padova ed Esperto di Uomoinsalute.it.

Prof. Garolla potrebbe spiegarci meglio come il testosterone esogeno può incidere sulla fertilità maschile?

Il problema è molto semplice, il testosterone esogeno (immesso dall’esterno) ha un effetto inibitorio a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo, quindi se somministrato a soggetti che hanno livelli normali di testosterone blocca la spermatogenesi, ossia la maturazione degli spermatozoi. In particolare, il testosterone, soprattutto se dato a dosi elevate (50 mg), può inibire la produzione degli ormoni prodotti dall’ipofisi, bloccando lo stimolo fisiologico del testicolo a produrre gli spermatozoi.

Ci sono però dei soggetti infertili per i quali il testosterone è invece l’unica opzione terapeutica che dia un margine di miglioramento. In particolare sono tre le categorie di pazienti che possono beneficiare di una cura a base di testosterone:

  • Il primo caso è quello dei soggetti che hanno valori bassi di testosterone perché affetti da In questi pazienti i testicoli funzionano poco quindi la somministrazione di testosterone stimola le ultime fasi della spermatogenesi fino alla formazione degli spermatozoi.
  • Il secondo caso è quello di soggetti che hanno dei livelli di testosterone ancora normale ma presentano arresti maturativi nelle ultime fasi della spermatogenesi, fase in cui gli spermatociti maturano diventando spermatidi e infine spermatozoi. Tale condizione può essere diagnosticata attraverso l’ago aspirato del testicolo. In questi pazienti che sono severamente oligozoospermici il testosterone è l’unico farmaco che ha mostrato di stimolare queste fasi maturative.
  • L’ultimo caso è quella dell’ipogonadismo subclinco. Questi soggetti hanno il testosterone ai limiti inferiori, ma hanno ancora l’LH, ormone che stimola il testosterone, a valori normali. In questi pazienti blande dosi di testosterone hanno mostrato di migliorare la spermatogenesi sia in termini qualitativi (la qualità degli spermatozoi) che quantitativi (il numero degli spermatozoi).

È bene fare una precisazione nell’ambito delle categorie di uomini che possono seguire una terapia con testosterone. Nei soggetti obesi bisogna fare molta attenzione. In questo caso potrebbe essere molto controproducente dare il testosterone. L’obeso ha infatti una iper-espressione dell’enzima aromatasi, un enzima particolarmente localizzato nel grasso, che ha la funzione di trasformare il testosterone in estrogeno. Quest’ultimo ha un effetto molto negativo sul testicolo e sull’ipofisi maggiore del testosterone stesso.

Chi è esattamente il “paziente infertile”?

In realtà non esiste il paziente infertile in generale. Ci sono varie situazioni che si possono presentare. Un paziente può essere infertile con numero normale di spermatozoi o con pochi spermatozoi, lo può essere a causa di spermatozoi alterati per motilità o morfologia. È quindi necessario prima di scegliere una terapia valutare qual è la causa dell’infertilità per poi intervenire nel modo più efficace per il singolo paziente.

Una volta accertato che il paziente necessita di una cura a base di testosterone, come si valuta la dose da somministrare e quanto incide la formulazione farmaceutica?

Dobbiamo in primo luogo determinare i valori degli ormoni per capirlo, sia quelli prodotti dall’ipofisi, ossia LH (Ormone Luteinizzante) ed FSH (Ormone Follicolo-Stimolante), sia il testosterone prodotto dai testicoli. In alcuni casi di severissime oligozoospermie (pochissimi spermatozoi) o azoospermie (assenza di spermatozoi) è necessario valutare anche la citologia testicolare, cioè la morfologia e la fisiologia delle cellule del testicolo, per capire qual è causa del disturbo.

La dose massima di testosterone è quella tipica di un soggetto che per differenti motivi non ha più testicoli funzionanti (difetti nascita, tumori bilaterali, etc…) e quindi necessita di una dose sostitutiva. Questi pazienti hanno bisogno in media di 50mg di testosterone al giorno, quantità che equivale alla dose di testosterone che i testicoli sani in media producono durante il giorno.

Partendo da questa dose è possibile regolare le concentrazioni di testosterone nei soggetti che ne producono poco con l’obbiettivo di raggiungere la quantità di testosterone circolante pressoché normale.

Per quanto riguarda la scelta della formulazione farmaceutica, è utile scegliere formulazioni che abbiano una breve durata d’azione, così da poter controllare e in caso modificare, la dose di testosterone somministrata tempestivamente, se si rivelasse troppo elevata.

A questo proposito, i gel a base di testosterone sono quindi da prediligere in quanto hanno un effetto di sole 24, in caso di dosaggio elevato è possibile cambiarlo il giorno dopo ripristinando immediatamente la funzione del testicolo. Nei casi di dosaggio elevato, invece, sono da evitare le specialità a rilascio prolungato, perché non si ha la possibilità di bloccare il rilascio del farmaco e se il dosaggio è sbagliato si rischia la sterilità nel paziente.

E quindi per quei soggetti per cui il testosterone risulta essere un fattore negativo, ad esempio per gli obesi? Quali alternative esistono oggi?

Vi sono alcune condizioni cliniche come ad esempio l’ipogonadismo subclinico e l’ipogonadismo del soggetto obeso, nelle quali il testosterone può non essere la terapia più adeguata o addirittura può rivelarsi controproducente come nel caso dell’obesità. In queste condizioni una valida opzione terapeutica e’ rappresentata dalla somministrazione di hCG l’ormone ipofisario che stimola il testicolo a produrre testosterone in modo fisiologico. Parliamo quindi di gonadotropine. In particolare nei soggetti obesi, oltre alla dieta ed all’attività fisica, questo trattamento dovrebbe essere associato a farmaci che agiscono inibendo la trasformazione periferica del testosterone in estrogeni (anti-estrogeni).”

Alla luce di quanto detto quindi cosa ne pensa delle Choosing wisely e che implicazioni potrebbero avere se venissero adottate anche in Italia?

Il Choosing wisely (scegliere saggiamente) è veramente “wise” (saggio) solo se rimane un riferimento di precauzioni che poi vanno valutate e adattate al singolo paziente. Discorsi generalizzati sulla fertilità rischiano di essere pericolosi in quanto, come dicevo, ci sono delle sfumature che cambiano da paziente a paziente: il clinico deve saperle cogliere per scegliere la terapia più adeguata.

Lo Specialista deve valutare attentamente se il paziente ha bisogno di testosterone, quindi decidere il dosaggio e infine scegliere la formulazione più opportuna. Solo in questo modo è possibile prescrivere “saggiamente” il testosterone, che per alcuni pazienti rimane l’unica possibilità di fertilità.