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Reflusso gastroesofageo e oro-faringe: quale rapporto?

Le conseguenze del reflusso gastroesofageo per il distretto oro-faringe: ce ne parla il Dott. Arturo Armone Caruso, Specialista in Otorinolaringoiatria, attualmente Direttore Sanitario e Responsabile del servizio ORL e Citologia Nasale presso l’AIAS di Afragola (NA), ed Esperto on line di Nasochiuso.com, sottolineando l’efficacia terapeutica delle nuove formulazioni di acido ialuronico in pastiglie.

Inquadriamo in sintesi il problema: cos’è il reflusso gastroesofageo e quali distretti coinvolge?

Il reflusso gastroesofageo è una patologia che raggiunge percentuali molto alte nel mondo occidentale: si calcola che ne soffra il 10-20% della popolazione. La sua diffusione è piuttosto trasversale a età e sesso, anche se dopo i 50 anni la prevalenza femminile appare più marcata.

Il problema è dunque di grande rilievo, sia per quanto riguarda la qualità della vita, sia per il monitoraggio della spesa sanitaria, ma vediamo il meccanismo che lo provoca.

Nell’esofago sono presenti due anelli muscolari, i cosiddetti sfinteri esofagei: uno inferiore, a livello della giunzione con lo stomaco, chiamato cardias, e un secondo superiore a livello laringo-faringeo. Normalmente essi impediscono la risalita dell’acido prodotto dallo stomaco, ma se questi muscoli non funzionano correttamente a causa di qualche alterazione, si verifica un reflusso che può arrivare nell’esofago e creare gli effetti da reflusso

Va inoltre considerato che i soggetti con reflusso gastroesofageo soffrono di fenomeni di eruttazione dei gas acidi contenuti nello stomaco, i quali portano a un rilassamento dello sfintere esofageo superiore che può ulteriormente facilitare il passaggio di materiale liquido oltre a quello gassoso.

Le conseguenze non sono dunque a carico soltanto dell’apparato digerente?

Per molti anni il reflusso gastroesofageo è stato considerato un problema prevalentemente gastroenterologico, ma recentemente, grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche e grazie all’approfondimento degli Specialisti, è diventato anche di pertinenza otorinolaringoiatrica. In pratica dobbiamo considerare due aspetti distinti nell’ambito della malattia: uno legato al reflusso gastroesofageo “classico”, e l’altro relativo al reflusso laringo-faringeo, quando cioè la risalita acida determina un interessamento dei distretti otorinolaringoiatrici, con danni alla mucosa faringea.

Le differenze tra i due sono principalmente di carattere sintomatologico. I sintomi del reflusso gastroesofageo sono sostanzialmente digestivi, cioè acidità di stomaco, senso di gonfiore post-prandiale, ecc., mentre nel reflusso laringo-faringeo si verificano sintomi atipici, quali bruciore di gola, raucedine, tosse, laringospasmo, ecc.

Nella pratica clinica quanto contano le differenze tra i due tipi di reflusso?

L’insorgenza del reflusso gastroesofageo è fondamentalmente notturna, dovuta alla posizione sdraiata, mentre quello laringo-faringeo si manifesta durante il giorno, quando siamo in posizione eretta.

Anche se le conseguenze sono simili, la diagnosi differenziale è importante, per adottare la terapia adeguata: di solito nel reflusso gastroesofageo si sfrutta l’attività terapeutica di farmaci che inibiscono l’acidità gastrica, come gli inibitori di pompa e il magaldrato,o di altri, come il domperidone, che agiscono sulla motilità gastrico-intestinale, favorendo cioè lo svuotamento dello stomaco e agendo indirettamente sulla sintomatologia.

Quali sono i sintomi laringo-faringei più frequentemente associati al reflusso?

Prima di tutto il paziente lamenta una forma di faringite cronica, il reperto obiettivo più comune, ma anche otiti, sinusiti e condizioni di disfonia, legate a un’infiammazione delle corde vocali.

In alcuni casi si presentano anche riniti, perché il naso esercita una funzione tampone, che porta a una produzione più abbondante di muco, e inoltre, come ulteriore tentativo dell’organismo di bloccare elementi estranei, in certi casi si riscontra la presenza di cellule “difensive” come i neutrofili che possono scatenare le cosiddette riniti non allergiche o cellulari.

Altro elemento indicativo del reflusso laringo-faringeo è l’aumento di dimensioni della tonsilla linguale, con un senso di corpo estraneo in gola, e in ultima analisi l’infiammazione localizzata nella regione posteriore della laringe.

Talvolta anche lo spasmo laringeo può essere un effetto del reflusso: ovvero una reazione dell’organismo che porta a una vera emergenza con chiusura delle corde vocali e sensazione di soffocamento.

Per quanto riguarda i sintomi ORL qual è l’approccio migliore? Lei è uno dei primi Specialisti in Italia ad aver studiato l’impiego dell’acido ialuronico nel trattamento del reflusso laringo-faringeo. Su cosa si basa l’efficacia di questa terapia?

In base alla mia attività clinica e di ricerca riguardo all’uso dell’acido ialuronico in questa situazione specifica, ho potuto riscontrare – mediante un esame dell’orofaringe pre e post terapia – un notevole miglioramento delle condizioni cliniche dei pazienti trattati con questa sostanza, documentato attraverso l’osservazione microscopica delle cellule. Proprio questo tipo di attività ha dimostrato la restituzione dell’integrità dell’epitelio danneggiato dal reflusso.

Questo avviene perché l’acido ialuronico agisce sulla mucosa danneggiata, attivando una serie di meccanismi che portano al miglioramento e alla guarigione.

L’acido ialuronico inizialmente veniva somministrato in formulazione liquida, mediante spray direttamente nel cavo orale, ma oggi è disponibile una nuovissima formulazione in pastiglie da sciogliere in bocca, molto più versatile e priva di effetti collaterali.

Si tratta di un’innovazione terapeutica davvero importante per il miglioramento della qualità della vita, spesso insoddisfacente, di chi soffre di reflusso.

A questo riguardo, ho anche messo a punto una tecnica per valutare l’efficacia di questo prodotto.

Utilizzando schede di valutazione oggettive e soggettive, che prendono in considerazione sia i sintomi sia la condizione della laringe, si evidenzia un significativo miglioramento di entrambi gli aspetti.

Ho poi associato a questa valutazione uno studio del pH salivare, test effettuabile anche dal paziente a casa con una banale cartina tornasole, osservando che nei pazienti sottoposti a 20 giorni di terapia con l’assunzione di una pastiglia ogni 3-4 ore, si verifica una normalizzazione del pH salivare, creando un ambiente neutro, leggermente alcalino, che corrisponde al pH fisiologico, abbattendo tutti quegli elementi potenzialmente responsabili dei danni al cavo faringeo.

Qual è il meccanismo d’azione di queste nuove pastiglie da sciogliere in bocca?

Nella formulazione in pastiglie, l’acido ialuronico è associato a due gomme addensanti (carbomer e xanthan gum), con le quali costituisce un cosiddetto hydrocomplex che ne inguaina le molecole, permettendogli di depositarsi sulle pareti del distretto oro-faringeo, dove lentamente rilasciano la sostanza attiva.

Come ci si accorge di soffrire di reflusso?

Molto spesso – nel 70% dei casi – i pazienti non sanno di avere un problema di reflusso, e lamentano solo sintomi ORL; qui sta all’abilità dello Specialista indagare e comprendere.

Naturalmente tutto dipende dall’entità del reflusso, ma la prevenzione è comunque molto importante, perché trascurare il problema può causare seri danni, anche di carattere oncologico.

L’importanza di dieta e stile di vita?

Abitudini e alimentazione sbagliate magari non rappresentano fattori scatenanti, ma in presenza di alterazioni fisiologiche possono di certo aggravare la situazione. Ricordiamo anche che una terapia adeguata indubbiamente migliora la qualità della vita, però diventa inutile se non viene associata a stili di vita corretti.

Qualche esempio

  • Coricarsi subito dopo i pasti è una pessima abitudine, perché la posizione può favorire il reflusso.
  • Tra le abitudini alimentari sbagliate, va segnalata quella di non masticare bene il cibo o di mangiare troppo velocemente: in questo modo aumenta la fatica dello stomaco nel completare il processo digestivo.
  • Per quanto riguarda la dieta, bisogna limitare l’assunzione di grassi animali, alcol, caffè, cioccolato e spezie, e altri alimenti che producono acidità, come agrumi, pomodori e cipolle crude.
  • Da evitare infine il fumo, che indebolisce ulteriormente gli sfinteri.
  • Una curiosità basata sull’esperienza clinica: il caffè in cialde è meno indicato rispetto a quello classico fatto con la moka, probabilmente a causa di una diversità nel transito del liquido.
  • Anche l’assunzione di bevande gassate può nuocere, in quanto fanno aumentare la pressione sullo sfintere esofageo superiore, favorendo l’eruttazione dei gas prodotti dalla digestione.

Altri fattori di rischio?

Ci sono sostanze che determinano un aumento del meccanismo di contrazione e rilascio della muscolatura gastroesofagea, come ad esempio l’istamina, che nei soggetti allergici agisce in maniera determinante sul reflusso.

Oppure ancora alcuni farmaci, come i miorilassanti, ad esempio.

L’obesità è senza dubbio un altro fattore di rischio, ma anche un dimagrimento repentino può essere responsabile del reflusso gastroesofageo, perché sotto al diaframma, intorno al cardias, è presente un cuscinetto di grasso; una riduzione delle sue dimensioni potrebbe pregiudicare la funzionalità dello sfintere e favorire il reflusso.

Una concausa di reflusso può essere l’infezione da Helicobacter pylori, che porta a una diminuzione del tono dello sfintere inferiore, quindi nei pazienti andrebbe sempre effettuato il test specifico per individuare l’eventuale presenza di questo batterio.

Infine un suggerimento in più per chi soffre di reflusso

  • Dormire nel modo giusto.
  • È consigliato inclinare il letto, rialzando la testata di circa 10 cm. Esistono anche prodotti fisioterapici specifici per questo scopo, detti triangoli.
  • Il paziente dovrebbe stare in posizione semi-seduta, senza cuscino dietro la testa e sarebbe meglio coricarsi sul fianco sinistro, non prima di 3 ore dopo i pasti.