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Acufene, che fastidio quel fischio!

Il Prof. Alberto Eibenstein, Specialista Otorinolaringoiatra e Audiologo, Professore Associato presso l’Università dell’Aquila, ed Esperto on line di Nasochiuso.com, parla di acufeni e vertigini, spiegando di cosa si tratta esattamente, quali sono le cause e i sintomi di questi particolari disturbi uditivi.

Facciamo chiarezza su acufeni e vertigini. Quali sono le loro differenze, e da dove nascono questi disturbi?

Da un punto di vista anatomico, le strutture deputate alla funzione uditiva e al controllo dell’equilibrio sono strettamente correlate per la loro contiguità anatomica e funzionale. La loro alterazione è causa rispettivamente di ronzii auricolari detti acufeni, e di vertigini.

Questo sistema, nel suo complesso, viene chiamato labirinto.

Esso è diviso in due porzioni: quella anteriore deputata all’udito, la chiocciola o coclea, e quella posteriore che comprende le strutture che controllano l’equilibrio, ovvero l’apparato vestibolare. Le due porzioni possono essere coinvolte in diverse patologie, sia congiuntamente, sia singolarmente, con una disfunzione dell’una o dell’altra.

Ad esempio, in una patologia piuttosto comune come la sindrome di Ménière, caratterizzata da perdita uditiva, vertigini ed acufeni, i sintomi sono causati da un aumento della pressione all’interno del labirinto, pertanto risultano coinvolte sia la chiocciola sia l’organo dell’equilibrio.

Quali sono i principali sintomi delle due problematiche?

Gli acufeni consistono nella percezione di un suono, tipicamente un fischio, che in realtà non arriva dall’esterno ma viene prodotto dall’apparato uditivo stesso. Nella maggior parte dei casi è dovuto ad una disfunzione delle cellule acustiche che si trovano nella chiocciola, come detto sopra deputata selettivamente a recepire gli stimoli uditivi.

Tutti noi possiamo avere sperimentato la presenza di un fischio nell’orecchio, che magari dura pochi secondi e poi scompare, altre volte invece questo tipo di problema diventa persistente e la percezione del suono persiste in modo continuo giorno e notte, creando forte disagio al paziente.

Circa il 10% della popolazione ha un acufene cronico. Di questi pazienti una parte tende ad abituarsi al disturbo, mentre il 5% lo riferisce come disturbante. Una percentuale ancora più piccola (1-2%) lo riferisce addirittura come un evento disastroso, al quale consegue un impedimento alle attività quotidiane ed un impatto negativo sulla qualità di vita.

In alcuni casi, a questi sintomi uditivi, si associano vertigini, giramenti di testa e sensazione di caduta, perché l’acufene in realtà è un sintomo che può essere presente in molte patologie diverse. Ad esempio il paziente che non sa di avere la pressione alta, può avvertire una sensazione di sbandamento e di fruscio all’interno dell’orecchio, quindi con una tipica associazione sintomatologica vertigini-acufeni.

Cause e fattori di rischio dell’acufene?

In seguito a un trauma acustico causato dall’esposizione a un rumore molto forte o improvviso, come la detonazione di un colpo di fucile, o continuativa come in discoteca e in alcuni ambiti lavorativi, il paziente può subire un danno acustico che nel tempo porta a sviluppare un acufene.

Dopo un trauma acustico, il sintomo uditivo può sparire dopo una notte di riposo, ma se l’esposizione è stata molto intensa, ed esiste una predisposizione genetica con una maggiore debolezza del sistema uditivo, una conseguenza può essere la persistenza dell’acufene.

L’acufene inoltre, può essere associato all’utilizzo di farmaci che possono creare danni a livello delle cellule acustiche dell’orecchio. Anche l’acido acetilsalicilico – la comune aspirina – presa a dosi elevate, ha un effetto ototossico, così come alcuni antimalarici e una classe specifica di antibiotici (aminoglicosidi).

In altri casi, la sintomatologia può essere associata a patologie anche importanti come il tumore del nervo acustico, che può inizialmente manifestarsi semplicemente con l’acufene e, successivamente dare sintomi uditivi e vestibolari, con disturbi dell’equilibrio. In definitiva, va sottolineato che l’acufene può essere un sintomo molto lieve e ben tollerato, ma comunque va sempre indagato a fondo.

Un acufene trascurato può peggiorare e causare problemi ulteriori?

Il paziente molto spesso si rivolge all’otorino quando già da tempo si è accorto della presenza dell’acufene, senza sapere che intervenire precocemente, entro i primi mesi, permette di instaurare una terapia in grado di agire sulle cause, con la possibilità di ottenere la scomparsa del disturbo o comunque un deciso miglioramento.

Passati tre mesi dalla comparsa, bisogna considerare l’acufene come cronico ed il programma terapeutico ha come obiettivo quello di ottenere un rapido processo di abitudine. Bisogna cioè lavorare con il paziente, cercando di spostare la sua attenzione da un fastidio che gli causa uno stato di stress, di agitazione e talvolta di depressione, spostando la sensazione dell’acufene in un background cognitivo per cui il paziente non fa più caso all’acufene e comunque non lo percepisce più come disturbante avendo acquisito una certa capacità di gestire l’attenzione.

Cosa si può dire dal punto di vista della prevenzione?

In termini di prevenzione, come prima cosa bisogna sempre comprendere qual è il motivo che ha portato alla comparsa dei primi sintomi, e fare una corretta diagnosi.

In alcuni casi ad esempio, eventuali processi infiammatori come le otiti croniche, possono essere associate alla presenza di sintomi uditivi e trattando precocemente la patologia otologica si può risolvere il quadro generale.

Nella Sindrome di Ménière la terapia farmacologica permette di controllare gli episodi di vertigine ma anche gli atri sintomi e quindi l’acufene.

Più in generale, un aspetto piuttosto preoccupante da evidenziare è che l’incidenza degli acufeni si sta spostando verso fasce di età più giovani e per questo sono in corso studi sugli effetti sul sistema nervoso e sull’apparato uditivo in ragazzi esposti ad ambienti particolarmente rumorosi.

Per una prevenzione efficace bisognerebbe in questo caso puntare sul messaggio che la difficoltà nell’udire si accompagna poi a difficoltà nella socializzazione e la possibilità di sviluppare un acufene cronico.

Qual è il ruolo dei trattamenti viscosupplettivi con acido ialuronico nella terapia di questi disturbi uditivi?

Oltre a una possibile origine degli acufeni legata a disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare, che determinano la percezione di scrosci durante i movimenti della bocca e la sensazione di ovattamento dovuta a un processo infiammatorio, può essere rilevata una componente “somatica” dipendente dal fatto che le vie uditive hanno una correlazione con alcune strutture anatomiche, tra cui i propriocettori dell’articolazione temporo-mandibolare e della colonna cervicale.

Perciò movimenti di iper-estensione della testa, oppure di apertura e serraggio della bocca, come avviene durante lo sbadiglio, hanno un effetto modulatore sull’intensità della percezione dell’acufene.

Un trattamento specifico a livello dell’articolazione tempo-mandibolare che aiuti a ritrovare un’occlusione ottimale ed in casi specifici l’impiego dell’acido ialuronico, può senz’altro aiutare la funzionalità articolare, magari insieme a una terapia posturale ed offrire giovamento al paziente anche dal punto di vista uditivo.

Questa patologia va in ogni caso affrontata a 360°, come facciamo al Tinnitus Center che ho creato all’interno dell’European Hospital di Roma, dove cerchiamo di valutare l’assetto posturale del paziente e la parte clinica audiologica con tutti i test necessari, ma senza trascurare la componente di tipo psicologico.

Da questo punto di vista sarebbe utile che i centri lavorassero in maniera coordinata a livello nazionale, per ottenere un’ampia raccolta dati e identificare le linee di ricerca e terapeutiche migliori, ma in Italia siamo molto lontani dall’obiettivo, almeno per quanto riguarda l’acufene.

Che relazione c’è tra dieta e acufeni?

Un approccio nutrizionale corretto può essere efficace in alcune fasi del trattamento, ad esempio quando ormai l’acufene tende ad essere cronicizzato.

“L’informazione” di un disturbo parte sempre dalla periferia del nostro corpo – in questo caso da una disfunzione delle cellule acustiche – poi viene rielaborata fino ad arrivare alla consapevolezza e alla coscienza. In pratica è il sistema emozionale a dare “un colore” all’esperienza uditiva disturbante.

Per questo motivo tecniche di rilassamento, counseling e terapia cognitivo comportamentale, vanno sempre considerate nel trattamento di un acufene cronico. Alcune diete possono interferire positivamente in questo processo, svolgendo un effetto antinfiammatorio, in tal modo si normalizza l’eccitabilità delle vie nervose e si riduce in parte la percezione dell’acufene.

Diminuendo ad esempio l’apporto di carboidrati e di glutine, l’uso di carni rosse o di sostanze eccitanti come la caffeina, ma soprattutto con una buona qualità del sonno e uno stile di vita regolare, il paziente potrà nell’arco di un certo periodo di tempo trovare dei miglioramenti. Naturalmente ogni cambio di dieta deve essere proposto da uno specialista in nutrizione.