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    Ansia e depressione fanno male al cuore

    Quali sono gli effetti provocati da ansia e depressione sul nostro cuore? Il rischio di problemi cardiovascolari è davvero più elevato nelle persone stressate? Per chiarire quanto il benessere emotivo sia legato a quello cardiaco, abbiamo interpellato due esperti in materia: il Cardiologo Sergio Ferraro, Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia, Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli e lo Psicologo Lorenzo Costanzo, dell’Università Federico II di Napoli.

    Dott. Ferraro, si dice spesso che vivere sotto stress, o soffrire di ansia, alla lunga faccia male al cuore. Ma dietro questo luogo comune si nasconde una verità scientifica?

    Le evidenze scientifiche riguardanti la correlazione tra disagi psicologici e salute cardiaca non mancano. Ansia, stress e depressione sono riconosciute da diversi studi epidemiologici come un fattore di rischio di notevole importanza nel determinare la comparsa della cardiopatia ischemica.
    Già dagli anni ’30 lo stress mentale si è dimostrato strettamente legato alle patologie cardiache, ma i meccanismi di questo legame non sono ad oggi ancora del tutto chiariti.
    Grazie a diversi studi sperimentali, esiste però un convincimento diffuso della cultura medica su quali siano le risposte dell’organismo. Ansia e depressione agirebbero cioè da mediatori biochimici, interferendo con la coagulazione del sangue e l’aggregazione piastrinica: in pratica, aumentando l’attività trombigena del sangue, diventerebbero concause dell’insorgenza o del peggioramento della cardiopatia ischemica.

    Depressione e infarto: Dott. Ferraro, qual è il legame? Una persona depressa è più esposta al rischio?

    Semplificando, possiamo dire che la depressione rappresenta sia un fattore di rischio sia una conseguenza dell’infarto.
    Una review di 172 articoli pubblicata nel 2013 su Cardiovascular Psychiatry and Neurology, ha riportato che il 50% dei pazienti colpiti da infarto miocardico ha avuto precedenti di depressione e che questa condizione si riscontra nel 31-45% dei pazienti coronopatici, mentre la depressione post-infarto aumenta il rischio di recidive da 2 a 4 volte.
    Nel post-infarto, ansia e depressione possono comparire sia come fenomeni “reattivi” a pochi giorni di distanza dall’evento, sia come stati d’animo cronici nei mesi successivi, ma in ogni caso possono determinare un peggioramento nell’evoluzione della cardiopatia ischemica e nella gestione in generale del periodo post infartuale.

    Dott. Costanzo, parlando più specificamente di recupero nel post-infarto, quanto incide l’aspetto psicologico?

    A riguardo, è importante premettere che oggi l’infarto colpisce soggetti in piena attività produttiva e le ripercussioni fisiche e psicologiche coinvolgono pesantemente anche l’ambiente familiare e di lavoro. Soffrire di una depressione post-infarto, da un punto di vista del reinserimento sociale e lavorativo, può essere un ostacolo maggiore dell’infarto stesso. In sostanza, se compaiono ansia e depressione il paziente non si può dire completamente recuperato.
    Come accennato dal Dott. Ferraro, si innesca inoltre un circolo vizioso, perché la depressione che può insorgere nel post-infarto rappresenta essa stessa un fattore di rischio indipendente, così aumenta il rischio di un secondo evento. La situazione è ancora più complessa, perché tra l’altro la depressione induce comportamenti a rischio che determinano un peggioramento della prognosi.
    Il soggetto depresso nel post-infarto tende infatti all’introversione, a isolarsi, a non credere nella bontà della terapia e del percorso riabilitativo, riprende a volte in maniera ossessiva le cattive abitudini come il fumo.

    Parliamo di terapia nel post-infarto. Gli Omega 3 sono efficaci nella riduzione del rischio e anche nella prevenzione di ansia e depressione? Nel periodo riabilitativo può essere utile l’affiancamento di uno psicologo?

    Dott. Ferraro

    Già da anni gli Omega-3, grazie alle loro proprietà antiaritmiche, hanno dimostrato ampiamente la loro utilità nella terapia dei pazienti colpiti da eventi cardiovascolari, tanto da essere inseriti nelle linee guida per il post-infarto. Ma i loro benefici per il cuore riguardano anche un miglioramento di altri aspetti strettamente correlati, quali appunto la depressione, oltre al profilo lipidico e all’infiammazione endoteliale.
    In base a uno studio pubblicato sul Journal of Nutrition Health and Age, condotto su 46 donne depresse over 60, l’assunzione di 2,5 g di Omega-3 al giorno porta a una significativa riduzione dei sintomi.

    I farmaci di Omega-3 sono dunque un presidio in grado di svolgere nel post-infarto una doppia funzione preventiva: riducendo la probabilità di incorrere in un secondo evento, ma anche limitando o attenuando i sintomi di eventuali forme depressive.

    Riguardo queste ultime, le evidenze scientifiche sull’utilità dell’apporto di omega-3 sono ormai più che convincenti, e si è dimostrato che la supplementazione di acidi grassi omega-3 alla normale dieta determina un maggior beneficio psico-fisico in soggetti con depressione maggiore e/o patologia cardiovascolare associata.
    Una vita meno stressata può favorire il benessere del cuore dopo l'infarto

    Dott. Costanzo

    Il percorso riabilitativo psicologico è importante quanto quello farmacologico, e l’affiancamento dei due è di grande utilità nel miglioramento della condizione di vita del post infartuato. Molto utile risulta la psicoterapia di gruppo, basata sulla formazione di gruppi omogenei, in cui i pazienti seguono un percorso di accettazione della malattia: in psicologia, in termini “tecnici”, si dice riappropriarsi dell’esperienza somatopsichica della malattia.
    Un altro metodo impiegato con successo nel post-infarto è quello cosiddetto cognitivo comportamentale, con il quale si mettono in atto una serie di ragionamenti finalizzati a correggere, mediante comportamenti mirati, le distorsioni psicologiche determinate dalla malattia.
    Quando si parla dell’importanza che l’aderenza terapeutica riveste nel pieno recupero dei pazienti infartuati, è importante specificare che ciò non significa soltanto assumere i farmaci secondo le prescrizioni del medico ma, se necessario, anche intraprendere con fiducia un percorso riabilitativo di carattere psicologico.
    Ansia e depressione: le conseguenze sulla salute del cuore