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Tumore della tiroide e medicina nucleare

Qual è l’impiego della medicina nucleare nell’ambito delle patologie tiroidee?
Il termine non deve destare apprensione nei pazienti: lo specialista Dott. Massimo Dottorini* rassicura sul fatto che si tratta di tecniche estremamente sicure, preziose sia dal punto di vista diagnostico sia terapeutico.


II tumore della tiroide è una patologia frequente?
Il cancro della tiroide in Italia presenta un’incidenza abbastanza ridotta sui casi di tumore in generale, arrivando appena al 2% del totale, anche se le donne sono colpite 3 volte più degli uomini. In occasione dell’ultima Giornata Mondiale della Tiroide – evento promosso ogni anno da importanti associazioni scientifiche e di pazienti con l’obiettivo di far conoscere l’importanza di questa ghiandola per il nostro benessere – è emerso però un dato molto interessante. In Italia, negli ultimi 20 anni, i casi di tumore alla tiroide sarebbero cresciuti addirittura del 200%, con circa 14.000 nuovi casi all’anno. I motivi di questo aumento sono da attribuire principalmente al perfezionamento e alla maggior diffusione delle tecniche diagnostiche, che consentono di individuare anche carcinomi piccolissimi che probabilmente prima sarebbero passati inosservati, in assenza di sintomi.

In generale si tratta di una patologia grave?
Solo una rara forma, il carcinoma anaplastico, è veramente aggressivo, mentre solitamente per tutti gli altri casi (tumori papillari, follicolari e midollari) la sopravvivenza dei pazienti può arrivare anche al 95% dopo 5 anni dalla diagnosi.

In ogni caso la diagnosi tempestiva è fondamentale per monitorare l’evoluzione della patologia. Non sempre infatti è necessario intervenire con un trattamento: può essere sufficiente effettuare un controllo ecografico annuale. Tuttavia, anche in caso si dovesse rendere necessaria l’asportazione totale della tiroide, il paziente può seguire una terapia ormonale sostitutiva con levotiroxina e conservare una ottima qualità della vita.


Quali sono i soggetti a rischio?
Le donne sono, come si diceva, più colpite degli uomini, ma tra i fattori di rischio c’è in primo luogo la familiarità, poi senz’altro l’esposizione a radiazioni ionizzanti, come confermato dall’incidente di Chernobyl, infine è probabile che rivesta un ruolo importante anche la carenza iodica.


Quali sono i segnali che possono far sospettare la malattia?
Il principale campanello d’allarme è costituito dalla presenza di uno o più noduli all’interno della tiroide; la maggior parte di essi sono spesso “benigni”, ma in alcuni casi rendono necessario effettuare approfondimenti mirati di medicina nucleare (es. scintigrafia tiroidea) e/o analisi citologiche (es. agoaspirato).

In cosa consistono e a cosa servono esattamente le tecniche di medicina nucleare?
La medicina nucleare consente in primo luogo di ottenere informazioni non facilmente ottenibili con altre tecniche diagnostiche; in più eventuali anomalie vengono identificate nella fase iniziale della malattia, consentendo un trattamento tempestivo.

Si chiama medicina nucleare perché utilizza particolari sostanze unite a piccole quantità di materiale radioattivo (radioisotopi) per analizzare le varie parti dell’organismo e le diverse funzioni di ciascun organo. Queste combinazioni, chiamate radiofarmaci, cambiano a seconda della patologia da diagnosticare, ma in sostanza sono studiate per consentire l’accumulo della sostanza nella parte del corpo che si vuole esaminare.
I radioisotopi emettono radiazioni gamma (simili ai raggi x) che vengono captate da speciali apparecchiature denominate gamma-camere, in grado di produrre immagini (scintigrafie) computerizzate che mostrano al medico nucleare come il radiofarmaco si distribuisce e come si modifica nel tempo all’interno del corpo.
Le particolari caratteristiche dei radiofarmaci, inoltre, sono anche utili per il trattamento di diverse patologie.


La medicina nucleare viene perciò utilizzata anche a livello terapeutico?
Certamente. La capacità degli isotopi di concentrarsi soltanto in alcuni tessuti e di irradiarli, consente una distruzione selettiva di quelli malati.

Questa tecnica trova il suo maggior impiego nelle patologie tiroidee, quali appunto il carcinoma e l’ipertiroidismo, ma viene utilizzata anche per curare il dolore osseo nei pazienti con metastasi ossee da carcinoma della prostata e della mammella, ma anche alcuni linfomi, i tumori neuroendocrini, il neuroblastoma e alcuni tipi di artrite possono essere curati con i radiofarmaci.

La radioattività delle sostanze impiegate in medicina nucleare presenta dei rischi?
La parola “nucleare” può creare sospetto nei pazienti, ma queste tecniche presentano elevati parametri di sicurezza: l’entità delle radiazioni è minima, e le sostanze utilizzate non presentano tossicità e normalmente non sono causa di reazioni allergiche.

In termini di perdita di vita, un esame medico nucleare si può quantificare in 1 giorno, contro ad esempio i circa 7 anni di chi fuma 20 sigarette al giorno.
A livello di “curiosità statistica” possiamo dire infine che la probabilità di morire a causa di una scintigrafia tiroidea è di 1 su 1 milione, la stessa percentuale di chi percorre 60 km in automobile!

Dott. Massimo E. Dottorini – Direttore S.C. Medicina Nucleare 1 – Ospedale “S. Maria della Misericordia” – Perugia