Il Prof. Fabrizio Angelini (Presidente della Società Italiana Nutrizione dello Sport e del Benessere) sottolinea l’importanza del legame tra una buona funzionalità tiroidea e l’attività sportiva: soprattutto dopo una certa età non è raro riscontrare negli atleti alterazioni o patologie della tiroide: la più frequente è l’ipotiroidismo subclinico.
Noi medici stimoliamo sempre le persone a muoversi di più, a fare sport e a mangiare meglio, quindi come io sostengo da anni, ci troviamo sempre di più ad affrontare un buon numero di persone che magari non hanno fatto sport fino a una certa età. Non è raro oggi vedere un cinquantenne che viene da noi dicendo “voglio fare triathlon”, non vuole fare una corsetta di 20 minuti nel parco, ma l’ironman.Quindi queste persone, ma anche gli atleti professionisti, devono essere sempre valutati anche dal punto di vista della funzione tiroidea, e non è raro trovare delle alterazioni della funzionalità o anche delle vere proprie patologie della tiroide.
La patologia più frequente è sicuramente quella dell’ipotiroidismo subclinico, in cui la tiroide non ha grandi grandi variazioni della propria funzione, magari c’è solo una lieve alterazione del TSH, magari con presenza di anticorpi anti-tiroide positivi, che possono configurare la diagnosi di una tiroidite cronica autoimmune, oppure possiamo avere delle oscillazioni legate a un’eccessiva attività fisica, in cui la tiroide si difende dallo sforzo fisico eccessivo.
In questi casi il dilemma è: devo intervenire o non devo intervenire? Si deve intervenire se l’atleta è professionista, perché questo stato della funzione tiroidea va a inficiare la sua attività, e si deve cercare di ottimizzare la funzione tiroidea, perché altrimenti si va contro a quello che è il nostro principio, ovvero prima la salute e poi la performance. Non si può fare una prestazione se non si è in salute. Il messaggio che possiamo dare, che emerge dalla letteratura, è che per fare sport bisogna avere una funzione tiroidea perfetta.
Come ottenerla? In presenza di una malattia si può in qualche caso intervenire con una terapia ormonale sostitutiva, ma ci deve essere alla base una diagnosi, in questo caso la diagnosi di uno Specialista in endocrinologia, esperto di patologie tiroidee. Nei casi in cui non c’è evidenza di malattia, cioè di un ipotiroidismo subclinico, si può tranquillamente cercare di aiutare la tiroide con una terapia nutrizionale e di supplementazione ad hoc che metta la ghiandola nelle migliori condizioni per produrre e metabolizzare in periferia gli ormoni tiroidei.